PDP è l’acronimo di Piano Didattico Personalizzato. Dall’emanazione della Legge 170 del 2010 la sua compilazione è rientrata nella prassi scolastica. Prassi? Purtroppo molto spesso ricopre più una funzione burocratica che rende possibile usare tutta una serie di strumenti compensativi e varie misure dispensative. È chiaro che questo sia utile e necessario per aiutare un alunno dislessico, ma il piano didattico personalizzato è semplicemente un nulla osta? È solo il documento che permette ai genitori di far valere i propri diritti ad una didattica adatta al figlio con DSA? In realtà un PDP dovrebbe essere qualcosa di più strategico e quindi più efficace.

PDP, il suo significato

Il PDP per i BES è un documento che viene redatto dalla scuola e in seguito sottoposto alla famiglia per stabilire la didattica da adottare con un alunno con Bisogni Educativi Speciali, ad esempio in presenza di DSA, plusdotazioni o altre situazioni particolari. Tuttavia nella mia esperienza, e nello specifico per quanto riguarda i DSA, ho notato che spesso si perde un po’ la funzione strategica che dovrebbe ricoprire un piano didattico personalizzato. Per amore dell’argomento vorrei riflettere sul significato delle parole.

Piano

Ha mille significati, ma in questo caso ha il senso di piano d’azione, quindi indica un programma con vari step, ciò implica una strategia volta a raggiungere un obiettivo.

Qual è l’obiettivo?

A questo punto trovo la riflessione interessante, perché in pratica ho riscontrato che l’obiettivo è quello di mettere lo studente nella condizione di poter svolgere le verifiche e le interrogazioni in una condizione di parità con gli altri alunni, fine certamente importante, ma il PDP scolastico diventa così semplicemente una lista di modalità da adottare. Il vero obiettivo dev’essere non solo di aiutare lo studente a limitare l’effetto del suo disturbo, ma arrivare ad imparare veramente, quindi il concetto è che il fine è raggiungere un successo formativo.

Chi ha la competenza per stabilire la strategia da seguire?

I docenti? La famiglia? Gli specialisti? La rete intorno allo studente con DSA ha il suo vero valore in questi casi. Il docente avrà la competenza didattica, ma non le conoscenze neuropsicologiche e la famiglia conoscerà bene la personalità del bambino, ma potrebbe non avere né le competenze didattiche né quelle specialistiche. Insieme, invece, si potrà stabilire un piano con le varie tappe da raggiungere sia nell’ambito scolastico, ma anche per quanto riguarda lo studio a casa. Penso sinceramente che un piano improntato in questo modo abbia un’efficacia diversa e molto più funzionale non solo a breve termine, ma anche a lungo termine.

Didattico

Secondo il vocabolario Zingarelli la didattica è la “parte della pedagogia che ha per oggetto l’insegnamento e i relativi metodi.” Quindi l’obiettivo è migliorare sia l’efficacia che l’efficienza da un lato dell’apprendimento, per esempio in termini di tempi e dispendio di energia e dall’altro lato dell’insegnamento.

Personalizzato

Indica l’adattamento di ciò che altrimenti sarebbe comune alle esigenze o necessità di una persona. Ovvero la personalizzazione vuole raggiungere gli stessi obiettivi, ma seguendo un percorso diverso.
Una volta mi fu obiettato che così andava ripensato il programma, ma bisogna ricordare una cosa riportata nelle Linee Guida del MIUR: “Si deve sottolineare che le metodologie didattiche adatte per i bambini con DSA sono valide per ogni bambino, e non viceversa.” (MIUR Linee guida, 2011, p. 10) Quindi in realtà questo insegnamento potrebbe non essere necessariamente una didattica personalizzata, perché essendo efficace per chi affronta disturbi dell’apprendimento, lo è ancora di più per chi non li ha.

PDP, chi lo redige?

Questo documento è redatto generalmente dal consiglio di classe sulla base delle indicazioni contenute nella diagnosi funzionale stilata dal clinico. Tuttavia nella fase preparatoria sarebbe opportuna un’occasione d’incontro e di dialogo tra docenti, famiglia e specialisti, chiaramente nel rispetto del ruolo di ognuno, per inquadrare bene, quelle che sono le difficoltà da affrontare e “minimizzare” e i punti di forza da sfruttare e valorizzare. Tuttavia è bene ricordare che il piano didattico personalizzato non è l’unico strumento che la scuola usa per raggiungere i suoi obiettivi formativi. Ad ogni modo la legge richiede che, nei confronti degli alunni con DSA, gli interventi didattici siano esplicitati. Di conseguenza rende obbligatorio un documento ufficiale con tutte le voci necessarie.

Alcune difficoltà nella stesura di un piano personalizzato

Come per ogni documento ufficiale, in modo da non omettere nessun dato richiesto si ricorre a modelli prestampati, di solito con campi da compilare e opzioni a crocette da selezionare. Sicuramente molto pratici, ma rendono più difficile la personalizzazione. Infatti non sempre permettono di poter bilanciare e modulare le varie voci, anche perché spesso si basano su un alunno con DSA tipo. Questo alunno non esiste. I DSA si manifestano in modi molto diversi tra loro, ma anche gli studenti stessi sono molto diversi tra loro per carattere, personalità, contesto familiare, e aggiungerei anche per il percorso fatto dalla scoperta del disturbo, nonché al modo di affrontarlo. Tutti questi fattori cambiano gli effetti del disturbo, ma anche le potenzialità dello studente, così come il suo stile di apprendimento. Ma di fatto sarebbe impossibile creare un documento così specifico. Quindi quali indicazioni dovrebbe contenere un piano personalizzato?

Il metodo SMART

Per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi personali si usa spesso l’acronimo SMART. Possiamo trovare una certa analogia. Le indicazioni devono essere:

PDP con metodo SMART
specifiche, a volte bastano poche cose importanti per ottenere un effettivo cambiamento;
misurabili, perché il vago e generico non porta a nulla;
accessibili, è essenziale valutare ciò che effettivamente è possibile fare e rispetto allo studente sarebbe inutile e controproducente pretendere un’attività che non potrebbe mai essere in grado di fare;
realistiche, tenendo conto di tutti i fattori implicati, come il tempo, per esempio;
tempistiche, necessarie per valutare il raggiungimento degli obiettivi, permettendo un monitoraggio del PDP che ne consideri l’efficacia.
Certamente stilare un documento con queste caratteristiche non è facile. L’autonomia nello studio comporta importanti e complessi processi cognitivi e metacognitivi e stabilire delle procedure può fare incorrere in semplificazioni che li banalizzerebbero. Quindi bisogna equilibrare la promozione dei processi con azioni concrete e specifiche, ma ne vale sicuramente la pena.

Infine è importante sempre tener conto della scaletta degli interventi:

  1. L’intervento abilitativo, è fondamentale e strettamente legato all’insegnamento.
  2. L’intervento di tipo compensativo, dove il primo non arriva, si identifica un sistema diverso che permetta di raggiungere i risultati funzionalmente uguali.
  3. L’intervento di tipo dispensativo, si sceglierà quando i primi due non sono efficaci; anche se in questo caso non si risolve il problema, ma si evita di crearne di nuovi.

Bisogna ricordare che il piano di intervento deve essere del tutto personalizzato e deve considerare le prospettive di sviluppo del soggetto interessato e quindi prevedere continue revisioni da parte del clinico. Spesso è utile un intervento che integri RIABILITAZIONE, COMPENSAZIONE E DISPENSA nello stesso soggetto, ma sempre tenendo presente il quadro clinico funzionale di base.

PDP scuola, famiglia e specialisti

Il PDP non è semplicemente l’elenco di strumenti compensativi e di misure dispensative messe a disposizione. Questo documento dovrebbe essere un piano strategico per rendere possibile agli studenti con DSA di raggiungere un vero successo formativo. Tuttavia per farlo è indispensabile creare una rete intorno allo studente che lo sostenga, guidi e strutturi. Che ruolo ricopre per te il PDP? Lo hai mai pensato come ad uno strumento strategico? Scrivilo nei commenti.

Fonte: Le guide Erickson. Dislessia e altri DSA a scuola