
Si può curare la dislessia? C’è un rimedio? Si può guarire?
Sono le domande che molti si fanno al momento della scoperta di questo disturbo specifico dell’apprendimento (DSA). Ma cosa s’intende per cura o rimedio?
Il vocabolario attribuisce a queste parole diverse definizioni. Quando parliamo di cura, la prima definizione alla quale pensiamo è quella riportata dal dizionario in questi termini, “complesso dei mezzi terapeutici e delle prescrizioni mediche relative a determinate malattie”. Nella diagnosi di DSA redatta da uno neuropsichiatra o da uno psicologo però non si parla di malattia.
Molto più calzante è la seconda definizione di cura che cita testualmente “impegno assiduo e diligente nel perseguire un proposito o nel praticare un’attività” e del termine rimedio “provvedimento più o meno efficace, diretto a sanare una condizione negativa o sfavorevole”. Infatti, nel caso specifico sono numerosi gli interventi che possono essere attuati e che richiedono effettivamente un impegno costante e rigoroso per raggiungere l’obiettivo. Ma qual è quest’obiettivo?
L’obiettivo: la presa in carico del dislessico, non la cura della dislessia
La dislessia, così come gli altri DSA, ha origini neurobiologiche. Si nasce con questa caratteristica alla stregua del proprio colore degli occhi, che sia blu, verde o marrone. Nella presa in carico del bambino dislessico, l’obiettivo è quello di minimizzare il più possibile l’impatto del disturbo. Quindi è più corretto pensare, non alla cura della dislessia, ma alla cura del dislessico. È al bambino che dobbiamo rivolgere tutta la nostra attenzione. Quindi la domanda più corretta è:
Come prendersi cura di un bambino o ragazzo dislessico?
Per farlo in maniera efficace è necessario che ci sia la collaborazione fra tutte le figure che ruotano intorno al bambino. Parliamo della famiglia, degli insegnanti, nonché dello psicologo, ma anche di un’altra figura professionale specializzata nella terapia dei DSA: il logopedista. Chi è il logopedista e come interviene con la dislessia?

A questo proposito intervisteremo la D.ssa Anna Lisa Malena che opera nello Studio di Diagnosi e Riabilitazione Neuropsicologica e Logopedica “SPEECH THERAPY” ad Ortona e che da più di trent’anni si occupa di DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio) e di DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento).
La parola alla logopedista:
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In cosa consiste il trattamento logopedico per quanto riguarda i DSA?

“La terapia logopedica nei DSA consiste principalmente nel fornire al bambino con dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia o difficoltà nella comprensione del testo, delle strategie indispensabili per l’acquisizione, il recupero o il potenziamento delle abilità deficitarie con proposte personalizzate e materiali specifici affinché possa accedere ai contenuti curriculari in ogni momento del suo percorso scolastico.”
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Quale obiettivo deve raggiungere il logopedista, visto che non si “guarisce” dalla dislessia?
L’obiettivo dipende dall’età del bambino e dall’area del disturbo che si intende affrontare. Il disturbo specifico si manifesta con caratteristiche diverse a seconda della fase evolutiva che il bambino attraversa.
A questo proposito nella dislessia, nei primi anni della scuola elementare, oltre al potenziamento dei prerequisiti, il trattamento logopedico sarà rivolto all’automatizzazione delle regole di conversione fonema-grafema con l’obiettivo di agevolare il processo di lettura, al potenziamento della comprensione del testo e del metodo di studio, alla riabilitazione delle componenti ortografiche e grafo-motorie della scrittura.”
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Quando è bene iniziare? È necessaria prima una diagnosi di DSA?
“E’ fondamentale avere un profilo neuropsicologico per poter meglio orientare la terapia. Esistono degli indicatori precoci che ci permettono di evidenziare delle difficoltà già a partire dai 4-5 anni. Fra i fattori di rischio più importanti, c’è la difficoltà comunicativa linguistica che si evidenzia con ritardo di linguaggio, vocabolario lessicale limitato, difficoltà nella ripetizione di rime e filastrocche, frasi incomplete, errori nell’uso della morfosintassi; in associazione al disturbo di linguaggio possiamo trovare difficoltà attentive e prassico-motorie.
La valutazione quindi potrebbe evidenziare delle cadute su abilità che solo apparentemente possono essere lontane dalle difficoltà prese in esame, ma che hanno una forte correlazione con i DSA. La diagnosi per il disturbo specifico dell’apprendimento, può essere redatta da figure professionali quali Neuropsichiatri infantili e Psicologi, e viene effettuata alla fine della seconda primaria. Tuttavia è bene iniziare la terapia logopedica il più precocemente possibile e cioè, appena si presentano le prime difficoltà. Essendo il linguaggio il precursore delle abilità di apprendimento, la stimolazione linguistica può essere effettuata già a partire dai 3 anni di età. Sarà necessario intervenire altresì se negli ultimi anni di scuola materna persiste un ritardo fonologico e se durante il primo anno della scuola primaria il bambino dimostra lentezza o difficoltà nel riconoscimento delle lettere e/o dei numeri. ”
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Non bisognerebbe considerare che ogni bambino ha i suoi tempi?
Gli studi neuropsicologici ci dicono che per ogni fascia d’età ci sono le norme di sviluppo tipico. La valutazione neuropsicologica funzionale ha proprio l’obiettivo di valutare il funzionamento generale del bambino e permette quindi di individuare eventuali criticità rispetto alla curva di sviluppo tipico.
I più recenti studi hanno dimostrato che un intervento riabilitativo precoce, intensivo e specifico è in grado di indurre un significativo miglioramento delle abilità, mentre un suo ritardo pregiudicherebbe la qualità del recupero delle stesse, con il rischio di causare anche problematiche emotive, scarsa fiducia in sé e disistima.”
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Quanto è importante la collaborazione della famiglia e della scuola?
“La collaborazione con la famiglia costituisce uno dei cardini della riabilitazione logopedica in quanto solo grazie ad un intervento congiunto il bambino potrà avvalersi di un trattamento intensivo e costante: ciò che viene proposto nella seduta logopedica deve essere ripetuto a casa. Oltre agli aspetti tecnici, però, il logopedista deve dare ampio spazio all’accoglimento dei vissuti di sofferenza e di disagio che possono essere presenti: dare elementi di rinforzo ai genitori e modificare la loro visione del disturbo riduce la frustrazione che tanti tentativi infruttuosi di apprendimento della letto scrittura hanno creato. Insieme si sperimenterà il successo attraverso l’uso di strategie più efficaci. Questo gioco di squadra farà sì che la terapia proceda velocemente e che i progressi siano costanti.
Allo stesso modo, la collaborazione con la scuola è l’elemento cruciale per il buon adattamento del bambino al contesto scolastico. Tra il logopedista e le insegnanti dovrebbe instaurarsi un dialogo continuo, uno scambio di informazioni necessari ad un proficuo miglioramento delle abilità scolastiche. Da parte sua il logopedista orienta e consiglia gli insegnanti, in equipe con gli psicologi, affinché intraprendano percorsi mirati ed efficaci con i bambini che si affacciano con fragilità agli apprendimenti scolastici.”
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Quali sono le difficoltà che incontra?
“Purtroppo la difficoltà più importante è rappresentata dalla disinformazione. Sarebbe auspicabile una rete formata da pediatri, medici di base, insegnanti che conoscendo ad esempio le tappe normative di sviluppo siano in grado di consigliare una valutazione logopedica o neuropsicologica nei tempi giusti. Troppo spesso assistiamo a casi di bambini che iniziano la terapia logopedica in ritardo con effetti a volte importanti sugli apprendimenti, che possono portare a situazioni critiche anche a livello psicologico.”
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Quali consigli darebbe ai genitori?
Il consiglio è di attivarsi precocemente in presenza di qualsiasi difficoltà e a qualsiasi età. Se il bambino già alla scuola materna dimostra una difficoltà di comprensione del linguaggio, una produzione verbale non ancora intellegibile, un tratto grafico immaturo, il consiglio è di non aspettare. Così come un bambino di prima elementare che stenta nella lettura, non riconosce le lettere o è incapace di scrivere il suo nome, va assolutamente valutato.
La valutazione permetterà di avere quel profilo neuropsicologico che permetterà, di stabilire tempi e modi dell’intervento qualora ce ne fosse bisogno.
Infine non bisogna dimenticare che nei DSA la familiarità è molto elevata: essa è accertata dalla letteratura scientifica ed è riconosciuta con una percentuale che arriva fino al 65-70%.”
D.ssa Malena, voglio ringraziarLa per la Sua collaborazione, per averci fornito queste utili informazioni e per aver cura dei nostri ragazzi con DSA.
La collaborazione per aver cura dei nostri ragazzi con DSA
Come sottolineato dalla dottoressa, creare un gruppo di lavoro basato sul dialogo e sullo scambio reciproco tra le figure che ruotano intorno alla problematica trattata permette un intervento efficace e mirato al raggiungimento dell’autonomia nello studio dei bambini e ragazzi con DSA.
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