“All inclusive” è un termine che sentiamo molto spesso, ma in questo caso parleremo di “all included”, ossia didattica inclusiva, quindi compresi gli alunni con DSA.

La didattica inclusiva ha proprio questo obiettivo, permettere a tutti di avere accesso ad un educazione di qualità, come recita la Costituzione, che siano alunni con DSA, bisogni speciali, disabili, dislessici, autistici, ipovedenti e stranieri. L’apprendimento può essere influenzato anche da difficoltà personali, emotive o familiari, quindi io aggiungerei anche tutti gli altri, perché ogni alunno ha le sue peculiarità.

Questa didattica non valorizzerà solo le differenze degli alunni, ma anche quelle del docente con il suo modo proprio di insegnare.

La didattica inclusiva cos’è?

La didattica inclusiva crea le condizioni di apprendimento migliori per ogni alunno. Vuole tenere conto delle difficoltà e delle differenze valorizzandole. Così che ciascuno possa individuare ed esprimere al massimo il suo potenziale di apprendimento e partecipazione, alunno con DSA o no. Gli Studi Erickson presentano sette aspetti in particolare.

Sette aspetti che promuovono una didattica inclusiva

La risorsa dei compagni di classe

Sfruttare questa risorsa permette ad ogni membro della classe di conoscere le particolari caratteristiche degli altri e così di sviluppare le proprie capacità di collaborazione e cooperazione.

Il così chiamato “peer tutoring” è stato oggetto di ampie e sistematiche ricerche che ne hanno confermato l’utilità. Ovviamente non è solo un accostare due compagni. Il tutor non può solo essere più abile in una certa attività, ma deve anche essere in grado di insegnare. Quindi dev’essere gestito in modo attento e consapevole da parte dell’insegnante.

didattica inclusiva con i compagni di classe

Qui mi pongo la domanda, per un efficace “peer tutoring”, non sarebbe vantaggioso che l’insegnante spiegasse alla classe, per esempio nel caso degli alunni con DSA, cosa sono i Disturbi Specifici dell’Apprendimento? Non permetterebbe una più facile comprensione e di conseguenza collaborazione da parte dei compagni?

Cosa ne pensi? Scrivilo nei commenti.

Adattamento

L’adattamento riguarda gli obiettivi, i materiali, le modalità, così come la programmazione.

Questo aspetto non è di facile applicazione, perché anche se c’è un obiettivo globale per la classe, non tutti lo possono raggiungere con le solite modalità. Qui entra in gioco l’abilità, o meglio la flessibilità, dell’insegnante.

Siccome ogni alunno con DSA manifesta delle difficoltà diverse. Mi chiedo se un genitore o un tutor potrebbe aiutare l’insegnante nel discernere come aiutarlo a raggiungere l’obiettivo della classe. Pensate che questa stretta collaborazione possa essere utile e fattibile nell’ottica della didattica inclusiva? Scrivilo nei commenti.

Strategie logico-visive

Quando si parla di strategie logico-visive si pensa subito all’uso di mappe, schemi e altri ausili visivi. Sicuramente sono strategie utili per tutti, e sono spesso menzionate come strumenti compensativi per alunni con DSA.

Comunque l’uso delle mappe per lo studio, non è uguale per un dislessico e un normo-lettore. Il quale prima di usare la mappa per l’esposizione, leggerà diverse volte il testo, cosa che non può fare un alunno con DSA. Quindi è necessario insegnargli a studiare con un unica lettura, ma poi sviluppare le capacità logiche per memorizzare e infine esporre il materiale.

Processi cognitivi e stili d’apprendimento

I processi cognitivi principali sono:

  1. La percezione che organizza e dà significato agli stimoli sensoriali.
  2. L’apprendimento che mette in relazione le esperienze passate con le conseguenze, in modo da adattare la condotta presente o futura.
  3. Il linguaggio che permette di comunicare con chi ci circonda.
  4. Il pensiero che è incaricato di trasformare l’informazione, organizzarla e darle un senso.
  5. L’attenzione che focalizza le nostre risorse su una serie di stimoli e ignora il resto.
  6. La memoria che codifica l’informazione e l’immagazzina. La memoria è alla base degli altri processi.
  7. La motivazione che dirige la propria condotta verso la meta. Questa è strettamente legata all’apprendimento e alle emozioni.
  8. L’emozione che dirige il nostro comportamento in modo rapido ed efficace.

Questi processi sono strettamente connessi fra loro ed è facile capire come ogni aspetto si sviluppa in maniera diversa, specialmente quando ci sono caratteristiche particolari come negli alunni con DSA.

Per esempio per quanto riguarda l’attenzione, un dislessico farà più fatica a focalizzare la sua attenzione. Oppure per quanto riguarda la memoria, non sempre ha un accesso facile all’informazione registrata. Di conseguenza è solo conoscendo queste caratteristiche che si può usare stili di apprendimento efficaci.

Metacognizione e metodo di studio

Come si legge in Wikipedia: ” L’attività metacognitiva ci permette, tra l’altro, di controllare i nostri pensieri, e quindi anche di conoscere e dirigere i nostri processi di apprendimento.”

Gli alunni non subiscono lo studio, ma lo vivono in modo dinamico e positivo. In altre parole, l’attività metacognitiva permette al ragazzo di sentirsi “capace di …”. Questo pensiero in fin dei conti non è la chiave per vivere una vita piena di soddisfazioni?

Sviluppando la metacognizione, gli alunni riescono ad individuare il proprio metodo di studio. Crescendo ogni studente trova il suo metodo di studio; ma per un alunno con DSA, non essendoci un metodo standard, è necessario che il metodo gli venga insegnato, o perlomeno suggerito, già dalla scuola primaria o alle medie. Si permetterebbe così ai ragazzi con DSA di entrare alle Superiori con un metodo di studio efficace e non ancora da scoprire.

Emozioni e apprendimento DSA

Emozioni e variabili psicologiche nell’apprendimento

Quando nell’ambito della classe o a livello individuale si è in grado di gestire le proprie variabili psicologiche legate all’autostima e l’autoefficacia, o alla motivazione e la determinazione, così come la capacità di raggiungere una meta, si crea un ambiente sereno e di benessere che favorisce l’inclusione. Le emozioni sono un veicolo molto importante per l’apprendimento.

Se non si presta attenzione a questi aspetti specifici, sono gli alunni più deboli che non riusciranno a raggiungere quella sicurezza e conoscenza di sé che permetterà loro di affrontare con tranquillità non solo i rapporti con i compagni, ma anche le verifiche e le interrogazioni. Per quanto riguarda quest’aspetto ti può interessare l’articolo Emozioni e apprendimento.

Verifica, valutazione e feedback

Questi tre aspetti sono importanti. Le verifiche devono tener conto dell’eterogeneità della classe, il che non è certo facile da attuare. D’altra parte stimolare l’autovalutazione sia individuale che collettiva permette ai ragazzi di sviluppare la consapevolezza dei propri successi e insuccessi e la capacità di agire di conseguenza. Quest’aspetto li rende più sicuri di sé, così come il ricevere il costante feedback dell’insegnante in tono supportivo e positivo. Anche questo favorisce un atmosfera positiva dove lavorare giorno dopo giorno.

Genitori di alunni con DSA:
che parte possiamo avere nella didattica inclusiva?

La prima cosa che mi viene in mente è il sapere riconoscere e apprezzare quei docenti, che veramente svolgono il loro lavoro come una missione. Troppo spesso siamo pronti a dire quello che non funziona, senza valorizzare e apprezzare gli sforzi che vengono fatti con coscienza e impegno. Io lo posso dire in prima persona, ci sono stati insegnanti che hanno saputo dare una impronta positiva. Anche a distanza di anni, vengono ricordati con tanto affetto non solo da me, ma anche dai ragazzi.

Sicuramente l’argomento è molto ampio è complesso. Sarebbe molto interessante condividere i vari punti di vista di tutti gli attori della didattica inclusiva, genitori, alunni, insegnanti, e non solo.

Chi raccoglierà la sfida della didattica inclusiva?

Come mamma, riconosco l’enorme valore di una didattica inclusiva, ma anche l’enorme lavoro che implica. Ho trovato molto interessante un intervista fatta da Linkiesta ad Andrea Novelli, psicologo, psicoterapeuta e membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana Dislessia (AID). Nell’intervista viene messo in evidenza che la scuola è stata investita di troppi compiti rispetto a quelli a cui possono concretamente stare dietro i soli docenti. Per esempio, menziona un aspetto, alcuni stranieri vengono inseriti alle superiore senza sapere una parola d’italiano, nell’ottica dell’inclusione pone la domanda, se non bisognerebbe pensare prima all’alfabetizzazione? Purtroppo in questi casi spesso la scuola è lasciata da sola.”

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Fonti: Centro Studi Erickson, Linkiesta del 19/06/2019