Diversi adulti, giovani e meno giovani, si trovano confrontati spesso con delle difficoltà che ormai sospettano abbiano a che fare con la dislessia o con qualche altro Disturbo Specifico dell’Apprendimento.

Pensi di avere anche tu una dislessia in età adulta? Andiamo un po’ più nel dettaglio.

Perché si crea questa situazione? Spesso succede perché i DSA prima del 2010 erano difficilmente diagnosticati. Infatti a riprova, sono nate diverse polemiche intorno al aumento di certificazioni di DSA. Malgrado quello che sostengono alcuni, l’incremento non è dovuto alla facilità della diagnosi, ma alla rara identificazione dei DSA nel passato. A conferma di ciò le percentuali attuali sono in linea con gli altri paesi.

Cosa comporta l’essere un adulto dislessico non diagnosticato?

La prima cosa che la mia esperienza di mamma mi indica, è l’effetto deleterio che ha un percorso scolastico difficoltoso. Infatti avendo la diagnosi, per noi è stato difficile e pesante. Non posso immaginare quanto lo sia stato ancora di più per qualcuno che non ne capisse la motivazione. Inoltre, dato che non si riescono a fare le stesse cose degli altri, ci si sente continuamente mortificati. Per di più, siccome le facoltà intellettive nelle persone con DSA sono nella norma o superiori, si è sistematicamente accusati di non impegnarsi abbastanza. Tutto questo ha inevitabilmente un impatto psicologico molto importante.

Come capire se sono dislessico

Questa è una delle molte domande che si fanno gli adulti che sospettano Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Altre possono essere: come si riconosce la dislessia negli adulti? Quali ne sono i sintomi? Oppure si può diventare dislessici da adulti?

Vogliamo fare queste domande al Dott. Fabio Scaliati, psicologo, co-direttore del “Centro per l’Apprendimento” di Forlì.

Oltre ad avere una profonda preparazione scientifica sui DSA, il Dottore Scaliati ha un esperienza personale riguardo allo scoprire la dislessia da adulto. Guarda un particolare della sua intervista a Teleromagna 24.

Psicologo Fabio Scaliati

Innanzitutto La voglio ringraziare per la Sua disponibilità e per le utili informazioni che sta per condividere. Le propongo di seguito la prima domanda:

  • Si può diventare diventare dislessici da adulti?

“No. La dislessia ha un carattere neurobiologico, è quindi una predisposizione funzionale che si ha dalla nascita. Si esprime con le prime acquisizioni della letto-scrittura. Dove le caratteristiche dell’individuo di fronte allo stimolo della lettura non riescono ad acquisire e/o automatizzare questa abilità.

Ha un’evoluzione nel corso della vita, ci sono periodi nella prima scolarizzazione dove c’è maggiore difficoltà di accesso, successivamente il problema si sposta alla capacità di svolgere automaticamente questo processo e in età adulta persistono alcune caratteristiche, anche se la velocità di lettura può, magari aumentare, ma si mantiene comunque distante dalla media attesa e persistono comunque difficoltà nella correzione e nel controllo della lettura di alcune parole.”

  • La dislessia negli adulti può dipendere dallo stress?

“La dislessia non può dipendere dallo stress. Quest’ultimo però, non aiuta i processi di apprendimento. Quindi sicuramente una persona che ha avuto una storia scolastica legata alla dislessia può risentire maggiormente dello stress da apprendimento, così come dell’ansia da apprendimento. Le persone non dislessiche che sono sotto pressione, quindi in una condizione di stress importante, possono avere difficoltà ad apprendere, ma non dipendono dalla dislessia in senso specifico.”

  • Come si capisce se si è dislessici?

“Si capisce se si è dislessici nel momento in cui, di fronte allo stimolo della scolarizzazione, non si riescono a sviluppare delle tappe di competenza, delle capacità nei tempi e nei modi previsti nella norma. È con la persistenza di queste caratteristiche, che si definisce dalla seconda alla terza elementare, si chiarisce definitivamente se si è dislessici. Per capirlo, ci sono degli indicatori anche pre scolastici che però, danno solo un’indicazione sulla possibilità di avere questo tipo di attitudine. Altrimenti servono delle prove standardizzate che vengono fatte esclusivamente da psicologi e medici.”

  • Quali sono i sintomi della dislessia?

“I sintomi della dislessia si possono capire, anche in età adulta, con test tarati sempre dagli stessi professionisti, quindi medici o psicologi. Ovviamente per medico si intende neuropsichiatra, perché è la figura che ha la strumentalità per poter svolgere certe valutazioni, se ne ha le competenze e si può fare un test che ha validità clinica, quindi ci può dire se ci sono questi elementi.

I sintomi in età adulta attualmente sono legati alla mancata automatizzazione di alcuni processi, la tendenza a fare determinati errori. Così come la difficoltà a mantenere la concentrazione sul testo, rendendo inefficace la comprensione. La tendenza a fare piccoli errori ortografici che mantengono una certa persistenza e la difficoltà a reperire velocemente i lessici necessari per esporre e argomentare ciò di cui si vuole parlare, a prescindere dal fatto che possa esserci la conoscenza dei significati. Quindi la conoscenza del significato di determinate parole è dovuto alle capacità intellettive più che linguistiche, motivo per il quale le persone dislessiche conoscono il significato di un buon numero di termini. Mentre invece recuperare velocemente il termine per poterlo usare, dipende più dai processi che sono coinvolti nella dislessia e che possono rallentare il recupero rapido di tali parole pur conoscendone il significato.”

  • Per scoprire se si è dislessici a chi bisogna rivolgersi?

“Bisogna rivolgersi a uno psicologo competente o un medico neuropsichiatra competente, perché è necessario utilizzare la batteria di test in maniera corretta e completa. Questo è il motivo per cui la logopedista nella fase clinica e solo coinvolta, ma non è quella che determina la validità di tutto l’iter clinico. Perché la logopedista può svolgere solo alcune prove che sono ovviamente parziali rispetto a tutto il protocollo necessario che include valutazione cognitiva, valutazione delle abilità, delle singole abilità di lettura, scrittura e calcolo. In un protocollo, utile anche a tracciare un profilo di sviluppo, sarebbe bene mettere dentro anche test che diano informazioni anche sui processi esecutivi, come memoria, attenzione, memoria di lavoro e di linguaggio.”

  • Perché fare la diagnosi?

“Fare la diagnosi è fondamentale. È fondamentale fare un passo indietro rispetto proprio al modo in cui ci si esprime. Fare diagnosi è sbagliato concettualmente. È utile dire fare una valutazione. Perché la valutazione ci permette di avere tutt’una serie d’informazioni che tracciano il nostro profilo di funzionamento. Ci permettono di capire se funzioniamo in un modo inefficace per motivi legati a difficoltà di apprendimento specifiche o per motivi di altra natura.
Nel caso si evidenzi un profilo di funzionamento positivo ai test di letto-scrittura e calcolo, allora, verrà posta diagnosi.
La conseguenza di un profilo di sviluppo e di una valutazione che tracci questo profilo positivo, è la diagnosi. Quindi dove io cado nelle prove sintomatiche, si certifica la diagnosi in merito a quello che è emerso.”

  • Come si aiuta un adulto dislessico? con esercizi o una terapia?

“Gli esercizi e la terapia sono sostanzialmente diversi da quelli in età evolutiva, perché le fasi di acquisizione sono, anche se non perfette, ormai stabilizzate. Anche se ci potessero essere margini per migliorarle leggermente, lo sforzo non varrebbe comunque i risultati.

Quindi bisogna orientarsi verso:

  • l’acquisizione di strumenti adeguati a migliorare gli aspetti funzionali, se serve;
  • strumenti metodologici, quindi imparare ad approcciarsi al compito di studio, di esposizione, di utilizzo dei materiali didattici in maniera più organizzata con delle strategie,
  • eventualmente se può essere utile, un piccolo supporto psicologico o supporto psicoterapico, preferibilmente cognitivo-comportamentale per ricostruire un po’ di immagine generale che la persona si è fatta e quindi ridefinire un po’ anche gli aspetti psicologici e motivazionali.”
  • Quando si parla di dislessici adulti, parliamo di lavoro o di studi superiori come l’università. Cosa si può fare in questi casi?

“È buono un percorso di approfondimento. Perché a secondo dei bisogni, gli interventi cambiano. Dal punto di vista scolastico, un ragazzo che va all’università, è bene che sappia che esistono degli sportelli universitari di supporto e che questi sportelli possono fare solo alcune cose. È importante quindi sfruttarli al massimo. Inoltre può migliorare il proprio metodo di studio come dicevo prima, inserendo metodi e strumenti adeguati, migliorare la relazione con i propri interlocutori professori, gruppi di studio e quant’altro.

Se un ragazzo invece ha il problema più professionale, perché è già nel mondo del lavoro, può essere molto importante aiutarlo a ridefinire quelli che sono le cadute che lui avverte nel suo contesto lavorativo. Per da un lato compensarle fin dov’è possibile e ottimizzare il suo lavoro senza incorrere in errori dovuti appunto alla dislessia. Dall’altro acquisire consapevolezza e informazioni per rapportarsi correttamente con i suoi datori di lavoro.

C’è una normativa che si sta evolvendo. Principalmente la 170 si ferma alla scolarizzazione secondaria e all’università. Però si sta muovendo qualcosa in questo campo, più che altro inteso come welfare aziendale, per cui ci sono aziende che si stanno interessando a come rendere i test d’ingresso delle loro aziende accessibili o come mettere i loro dipendenti dislessici in condizione di sfruttare magari altre potenzialità che rimarrebbero inespresse.”

Togliti ogni dubbio

William Shakespeare disse che “i nostri dubbi ci tradiscono, e impedendoci di affrontare la battaglia ci precludono sovente i dolci frutti della vittoria”. Perché “precluderti i dolci frutti della vittoria“? Non rimanere nel dubbio e dai una svolta al tuo percorso accademico o professionale. Impara a conoscere e sfruttare appieno le tue potenzialità.

Hai bisogno di altre informazioni o desideri essere ricontattato dal Dr. Fabio Scaliati? Scegli la modalità che preferisci.

Foto di Daniel Mena da Pixabay