I compiti a casa? Non piacciono a nessuno è vero, ma per le famiglie alle prese con i Disturbi dell’Apprendimento possono essere un vero braccio di ferro ogni giorno. Spesso generano frustrazione e rabbia e possono sfociare anche in reazioni aggressive. Come fare per svegliarsi da quest’incubo e fare i compiti in maniera serena e profittevole?

Perché devo fare i compiti?

Quante volte i bambini ci avranno fatto questa domanda! In realtà la fanno anche gli adulti. In effetti ci sono molti dibatti in proposito: i compiti a casa sì o no.

Esistono veri e propri movimenti contro i compiti a casa, ma non è qui la sede per fare questi dibattiti. Queste diatribe mettono bene in evidenza che la risposta alla domanda “perché fare i compiti a casa” non è così semplice.

Un articolo del Sole 24 Ore, che ho personalmente trovato abbastanza equilibrato, mette in evidenza che dietro ai compiti si possono nascondere anche delle dinamiche degli adulti che possono far perdere di vista il vero scopo dei compiti. Quindi conclude l’articolo con questo pensiero:

Alla fine, quello che serve davvero, è ricordare chi è al centro del percorso scolastico, a chi deve servire.

Sembra banale, ma nella pratica credo che a volte si perda un po’ di vista. I compiti sono un mezzo per acquisire determinate competenze e no il fine.

Dico questo perché tante volte, davanti a tanti compiti, l’attenzione del ragazzo era rivolta più allo svolgere il compito assegnato (per non ricevere una nota) che all’effettiva finalità. Specialmente nel caso dei DSA, dove facilmente il carico o l’impegno richiesto è tale che risulta difficile soddisfarlo, il ragazzo finisce, per esempio, per completare una scheda a caso, pur di consegnarla completata.

L’obiettivo dei compiti a casa qual è?

Per fare i compiti in maniera serena e profittevole sia il genitore che il bambino devono avere chiaro in mente qual è l’obiettivo.

È ovvio che il bambino o il ragazzo non ha sempre la consapevolezza delle abilità che deve conseguire.  Penso che è proprio lì che la collaborazione con gli insegnanti sarebbe fondamentale, ma è spesso difficile. In sostanza l’obiettivo è sviluppare capacità personali che non servono solo a scuola, ma anche nella vita:

  • consolidare le conoscenze acquisite in classe
  • sviluppare il senso di responsabilità
  • raggiungere l’autonomia nello studio

Il ruolo del genitore

L’articolo menzionato titolava: “Fare i compiti è diventato un compito da genitori?”. Citando una ricerca della Varkey Fundation spiega che i genitori italiani passano più ore con i figli nel fare i compiti rispetto ad altri paesi d’Europa.

il ruolo dei genitori nei compiti a casa

Un figlio con DSA richiede tantissimo tempo per seguirlo nei compiti; come genitore ci si ritrova spesso a cercare mille strategie didattiche e non solo.

Tuttavia ho trovato un consiglio contenuto nella “Guida alla Dislessia per genitori” del AID molto bello e importante, ve lo cito:

Non fatevi carico dei suoi compiti scolastici e non diventate l’insegnante di vostro figlio. Ricordatevi che il ragazzo ha molti insegnanti, ma una sola madre e un solo padre. La relazione genitore – figlio è troppo importante per essere rovinata da un vostro ruolo di insegnante.

Questo è importante da tenere a mente, perché il momento dei compiti pomeridiani è un momento, spesso carico di tensioni e stress da parte di tutti, grandi e piccoli. Forse il confronto collaborativo con gli insegnanti potrebbe essere un valido aiuto al genitore.

Come gestire i compiti

Quando

Scegliere l’ora migliore per studiare

Una normale mattinata scolastica per bambini con DSA è come camminare per 5 ore in salita. I tempi di recupero sono diversi dai suoi coetanei.

Dove

Spazio, luce e temperature adatte

La scrivania abbastanza grande per due persone (genitore o compagno). Stare seduto comodo. Lo spazio sufficiente per organizzare tutte le cose. Eliminare le fonti di distrazione.

Come

La responsabilità è dello studente

Confrontati con uno o più DSA, il genitore non è lì solo per aiutare per i compiti, ma dev’essere lì per aiutarlo ad individuare la strategia adatta a lui personalmente. Questo è tutt’altro che facile!

Metodo di studio o strategia

Ogni persona è diversa e di conseguenza ognuno ha un personale metodo di studio. A scuola, già nei primi anni delle elementari, le maestre iniziano ad insegnare a studiare. Mi ricordo quando a mio figlio spiegavano che la lettura doveva essere fatta prima a lepre, poi a tartaruga e infine a rana. Questa effettivamente è la base dello studio, ma si capisce bene che per un dislessico diventa un lavoro alquanto astratto, ma forse un po’ anche fantascientifico. Oggi mi rendo conto, che in quel frangente il bambino è da solo davanti ad un compito molto arduo. Non sa perché è così difficile per lui e non per gli altri, non sa come fare per soddisfare la richiesta e infine, spesso anche se si sforza il risultato è così deludente che si arrende e ritiene che non fa per lui. Il ruolo dell’insegnante e del genitore può fare una notevole differenza. Ecco perché il genitore deve aiutare il bambino a capire che non è lui che è sbagliato, ma è la strategie che è sbagliata.

Perché la collaborazione può fare la differenza

Sempre nell’ottica che l’obiettivo dei compiti è consolidare le competenze, responsabilizzare e rendere autonomo, la collaborazione con gli insegnanti è la chiave. Il genitore deve osservare attentamente il figlio, così da valutare l’adeguatezza del carico e della modalità dei compiti. Le sue osservazioni andrebbero condivise con l’insegnante che solo così potrà adattare la sua richiesta nella forma o nella quantità idonea per l’alunno. Quest’ultimo sarà messo nella condizione di poter svolgere tutto il compito, bene e in autonomia. Questa collaborazione potrebbe facilitare così anche l’insegnante nell’ottica della didattica inclusiva.

Quando il nostro studente è abbastanza grande sarebbe buono coinvolgerlo in questa discussione, perché, anche con tutta la buona volontà, ma né il genitore, né l’insegnante possono sapere esattamente ciò che comporta il disturbo.

Creando un ambiente di questo tipo predisponiamo una consapevolezza del bambino o ragazzo riguardo al metodo di studio che gli permetterà di non subire lo studio, ma affrontarlo con una certa cognizione.

Voi come affrontate il discorso dei compiti? Come insegnanti come fate a stabilire i compiti da assegnare? Pensate che questo tipo di collaborazione sia benefica e fattibile? Scrivetelo nei commenti.

Fonti: Il Sole 24 OreGuida alla dislessia per genitori